Il sogno di un artista


Certo, Serena non aveva il tocco delicato di un Da Vinci nel disegnare o nel dipingere, né la mano ferma di un Buonarroti nel modellare o nello scolpire. Non amava particolarmente leggere e a malapena sapeva scrivere, non che fosse analfabeta, ma era più che certo che in vita sua non avrebbe mai scritto qualcosa di “divino” come il sommo poeta.

Infine, le uniche note che lei conoscesse non erano quelle del pentagramma, ma quelle che di sovente portava a casa per farle firmare ai genitori.

Che la ragazza non possedesse alcun talento artistico non sarebbe parso nulla di strano, dopotutto il mondo è pieno di ottimi e celebrati scienziati, di stimati professionisti e, soprattutto, di gente qualunque che ogni giorno si alza e permette a questo mondo di andare avanti producendo ogni tipo di genere, da quelli di prima necessità a quelli di lusso, seppur futili o stravaganti.

Il motivo dell'amarezza dei suoi delusi genitori era il fatto che la ragazza pareva essere priva di qualsiasi passione. I libri l'annoiavano, gli amici l'annoiavano, il mondo intero l'annoiava.

Le giornate di Serena erano caratterizzate dal ciondolare da una stanza all'altra dell'immensa villa, disegnata dal grande architetto Andrea Palladio, in cui viveva assieme ai propri genitori. Pur avendo una stupenda piscina, un enorme parco e un'attrezzatissima palestra le sue giornate trascorrevano o a ciondolare o davanti al PC a scaricare film e musica.

Che un adolescente avesse dei problemi di dialogo con i genitori non era certo una novità, come era una cosa consueta in quegli anni che il benessere che le nuovi generazioni avevano a disposizione senza sforzo, perché conquistato dalle fatiche dei padri, li avesse resi apatici alla vita e intenti più a distruggere il loro presente che a costruire il loro futuro.

Per tre anni l'estate era giunta con il participio “sfangata”, grazie ai debiti formativi, ma quell'estate – a causa di un creditore forse un po' troppo esigente – sentì rimbombare da una stanza all'altra di villa Strana-Remondini il participio: « Bocciata! »

La voce del commendator Giovanni Strana, titolare del “premiato pastificio Strana”, non aveva mai tuonato in quel modo, nemmeno in azienda.

« Mi domando come ciò sia possibile. Nessuno della mia famiglia è mai stato bocciato! »

« Calmati caro, erano altri tempi e poi, tu non è che sia andato molto oltre la terza media, » tentò di placarlo la moglie.

« Certo che erano altri tempi! Allora la scuola era una cosa seria e difficile, ma adesso... dovresti vedere che razza d'inetti mi arrivano al lavoro. Quel dottore commercialista che ho appena assunto, ad esempio, crede di sapere tutto lui e d'insegnarmi il mestiere. Che costruisca lui un impero dal niente. Io, all'età di mia figlia, passavo le estati a mietere il grano nel podere di mio padre e a stendere la pasta sfoglia insieme a mia madre. Non andavo mica in piazza a contestare. Falce e matterello, questo è stato il mio simbolo di lotta e adesso non c'è persona al mondo che non conosca i ravioli Strana. »

« Calmati Giovanni, se le parli con questo tono non avremo risolto niente. Serena m'ha confessato che non intende più andare a scuola. Come puoi vedere la ragazza è delusa. É già qualcosa, no? »

« Oh, questa è proprio bella... e cosa vorrebbe fare “tua” figlia? La mantenuta a vita? »

« Suvvia, Giovanni. Abbi un po' di comprensione. Magari se si prendesse un periodo di pausa, anche di un anno, per capire cosa voglia farne della sua vita... »

« Senti per me può fare quel che vuole, purché sia ciò che sente, perfino la puttana. »

« Giovanni, non scherzare, sto parlando seriamente. »

« Anch'io. È un mestier come un altro, ben pagato, soprattutto se ti accasi con un riccone molto più vecchio di te. »

« Giovanni! Me ne vado, » disse girandogli le spalle e uscendo dal salone. « Forse non te ne sei accorto, ma mi stai offendendo. »

« Sì, vai pure. Vai a spendere un po' di soldi, che così ti passa la depressione. Quando eri la signorina Remondini, non ce l'avevi la depressione e non avevi l'ossessione di rifarti con la chirurgia plastica! Ah, se non ci fossi io in questa casa, porco di un... »

« Giovanni! Non bestemmiare, » intimò la voce della moglie proveniente da un'altra stanza.

« Gnanca paron a casa mia! »

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